• Di MASSIMILIANO GUERRINI – Gli appassionati del cane e degli animali domestici sono numerosissimi, e il loro numero cresce ogni giorno. L’amore per i cani non trova confini, dal ricevere affetto come il più amato dei nostri figli all’adozione di metodi gentili nell’addestramento. Dall’evoluzione degli approcci classici, tradizionali, sino alla cura del benessere canino a 360°. Qual’é la sua visione a questo proposito?


    Il cane, l’unica specie animale in natura ad avere stretto alleanza con l’uomo, è privo di vizi ma, probabilmente, è dotato di tutte le nostre virtù.
    Il cane è una creatura stupenda, affascinante e misteriosa. Sotto alcuni aspetti, ritengo rimanga tale anche per i più qualificati ed esperti dopo innumerevoli anni di pratica. Un cane alla fine ti sorprenderà sempre.

    Il connubio che unisce un cane a un uomo trascende il concetto stesso di tempo. Lui resterà per la vita intera un bambino al nostro fianco. E’ bene mettersi il cuore in pace sin da subito, non saremo in grado di eguagliare la sua costanza e il suo equilibrio nell’amarci con tutto se stesso, senza riserve.
    Starò sempre in prima linea per difendere un amico tanto degno di stima, coerente e privo di preconcetti morali.

    Venendo invece alla sua riflessione, sì, ha ragione, è sicuramente positivo sapere che i cani siano amati profondamente. Anche se, a dirla tutta, dovremmo per lo più comprendere meglio che amare un cane come si ama un essere umano rappresenta una forma di egoismo, spesso inconsapevole.
    L’amore che non ha timore di mostrarsi dovrebbe maturare e calarsi in un mondo che non ci appartiene. Per fare questo il cane va compreso e vissuto con voglia di apprendere, innanzitutto 
    con modestia.
    Per quanto concerne l’addestramento, mi permetta di dirle tuttavia che non sono d’accordo con quanto ha affermato. L’adozione di metodi cosiddetti “gentili”, e pongo l’accento su “cosiddetti”, non corrisponde spesso, come si potrebbe erroneamente pensare, a professionalità e competenza. Quanto affermo trova riscontro nell’esperienza di un numero sempre crescente di utenti insoddisfatti. Sono convinto che oggi in cinofilia si assista, piuttosto tristemente, allo sviluppo di campagne di marketing che ben poco hanno a che fare con il benessere del cane, semmai con i variegati interessi economici dei loro promotori. Vero è anche che i venditori di fumo sono sempre esistiti, occorre quindi semplicemente imparare a riconoscerli. Purtroppo si sono moltiplicati a dismisura. E gli Italiani leggono sempre di meno, s’informano sempre meno; tutto ciò non aiuta, non ci aiuta a distinguere la cinofilia vera da quella falsa e mercenaria.
    I metodi classici di addestramento sono validissimi, affermare che siano violenti è assolutamente falso. Una persona in particolare può, invece, essere violenta o magari incompetente, o tutte e due le cose. Generalizzare è un errore tanto grande quanto comune. Non è certo l’appartenenza a una data categoria che rende una persona brutale per definizione. Non diventiamo tossicodipendenti per essere entrati in una drogheria, né monaci per avere aiutato il prossimo in qualche occasione. Bisogna fare molta attenzione. Alcune trasmissioni televisive ad alto impatto, molte campagne mediatiche, sono da prendere con le pinze. Gli stessi giudici andrebbero valutati.
    Seneca affermava che il saggio, nel giudicare, dovrebbe guardare al proposito. Non lo pensò a caso.

    Ritiene che in Italia la cinofilia alla portata di tutti, quella delle trasmissioni televisive, degli allegati in edicola per intenderci, diffonda informazioni veritiere?

    Credo che occorra selezionare con molta cura i nostri testi, i nostri interlocutori.
    Vede, il perno principale su cui fare leva per sensibilizzare un alto numero di persone, particolarmente in un paese latino quale il nostro, è l’animo sensibile delle persone.
    Cito un esempio tra i molti possibili. Leggo quotidianamente campagne diffamatorie sull’uso di strumenti di addestramento, quali i collari, che sinceramente trovo surreali, specie sapendo a quali azioni e omissioni sono usi alcuni sostenitori di tali iniziative.
    Tra queste posso menzionare:


    a) l’uso celato di violenze (non di fronte al cliente);
    b) l’accettare, o peggio il consigliare (senza neppure esserne abilitati) la somministrazione indiscriminata di psicofarmaci al cane;
    c) la promozione di teorie che non riflettono in assoluto gli insegnamenti di madre natura.

    In Italia, sono a conoscenza di personaggi noti che alterano grandemente, o comunque complicano sensibilmente, le basi della cinofilia conosciuta e condivisa.
    Sfruttano l’opportunità di monetizzare la critica ingiustificata e la complessità verbale (spesso inutile), vestendo un’immagine apparentemente sapiente e buonista, diffondendo informazioni devianti per chi è alle prime armi.

    A comandare il successo dell’uomo, in ciò che fa, non è tanto la biologia quanto l’informazione, senza eccezioni.

    Lei è a favore di un metodo gentile nell’approccio col cane?

    Guardi, io sto attento a dove metto i piedi perché mi farei i sensi di colpa se schiacciassi una formica. Sono sempre dalla parte del cane, vorrei che fosse chiaro in modo cristallino. Sono favorevole al vedere la realtà delle cose, tuttavia non mi riconosco nel conformismo dilagante, nonostante possa portare a indubbi vantaggi economici; non amo credere alle fantasie perché è di moda, fa chic o potrebbe essermi utile. E poi… si parla molto, ma sa qual è veramente il miglior insegnante possibile in cinofilia? Il cane stesso, una volta imparato a osservarlo.

    Il rapporto cane-uomo, leggendo i giornali, potrebbe apparire alquanto controverso. Un eminente professore attribuisce di recente le colpe delle aggressioni subite dagli umani principalmente ai cani di grandi dimensioni, che gradirebbe vedere estinti. Reputa queste affermazioni verosimili?

    I problemi nei rapporti interspecifici in verità li creano in larghissima misura gli uomini, principalmente in virtù della loro ignoranza in ambito cinofilo/cinotecnico.
    In un certo senso siamo tutti ignoranti, ma prima di apprestarci a scrivere un articolo di carattere tecnico, che potrebbe influenzare le masse, dovremmo pensarci tre volte, se competenti; dieci, se sappiamo di non trattare la nostra materia. Come conseguenza di ciò, le statistiche sull’incidenza dei morsi di cane perdono fondamentalmente ogni significato.
    Mi spiego meglio. Se affermassi che, per ipotesi, ogni anno sono morsicate 10.000 persone in Italia e 1.000 in Olanda, e che, in virtù di tali osservazioni, si debba desumere che il cane è un animale pericoloso in assoluto – con contestuale obbligo di dismissione degli allevamenti di razze di grande mole – dovremmo sentirci parimenti liberi di affermare che data l’incidenza di gravi disgrazie nell’uso di vari mezzi di trasporto, quali: motociclette, automobili, autobus, camion, treni, sarebbe opportuno imporne immediatamente il disuso, data la loro rilevante pericolosità statistica.

    Chiediamoci invece perché ciò avvenga.
    Se da un lato l’alta incidenza di sinistri veicolari dipende sia dall’alta velocità, che da stati di euforia indotta, le morsicature di cane dipendono:

    1) in primis dal livello di cultura cinofila media che, in Italia, per la verità, è veramente a livelli modesti. Piuttosto che la soluzione paventata, priva di ogni significato cinotecnico, perdoni l’onestà, andrebbe semmai introdotto l’obbligo del conseguimento di un patentino (per cani di razza e meticci indistintamente), attraverso una formazione da tenersi presso strutture qualificate e auspicando al contempo che il compito per una tale istruzione sia attribuito ad addestratori professionisti di lungo corso. Cioè a dire personale che sia abituato a tenere cani al guinzaglio, a viverli tutti i giorni, con innumerevoli ore-cane vissute su un campo di addestramento. Non affiderei invece tale compito a veterinari comportamentalisti privi di esperienza pratica, a teorici della “New Ethology” e, ovviamente, alla larga schiera di Guru che compone il panorama cinofilo nazionale.

    Quanto ho illustrato in precedenza dovrebbe riguardare non solo i possessori di cani di grande taglia, per cui la formazione sarebbe più auspicabile solo secondo un principio teorico, ma tutti i possessori di cani. A monte è principalmente la selezione operata dall’allevatore a determinare le doti che comporranno il carattere di un cane e, quindi, in estrema sintesi, la probabilità che lo stesso si comporti in un modo piuttosto che in un altro.

    2) Non sono poi molti gli allevatori professionisti di comprovata esperienza pluriennale che operano sul territorio. Non è un caso che i maggiori danni in allevamento, e quindi in società, siano perpetrati da privati, o comunque da soggetti con scarsa consapevolezza che producono cucciolate con il solo fine di integrare il reddito familiare e, spesso, non hanno alcuna competenza tecnico-scientifica. Il più delle volte, i risultati non possono pertanto che essere problematici, con produzione di esemplari di difficile gestione, specie per la persona comune.

    3) Gli enti preposti alle verifiche e controlli in materia cinotecnica dovrebbero svolgere più efficacemente il proprio lavoro.

    4) I giornalisti, d’altro canto, invece di spargere il dubbio e il panico, sarebbe auspicabile sensibilizzassero gli organi competenti, magari facendosi assistere da colleghi più esperti nella stesura degli articoli di carattere specialistico.

    Sono veramente molti i trabocchetti per chi si affaccia oggi alla cinofila?
    Si. Mi limito a precisare come alcune persone promuovano forme di addestramento che conducono a scarsi risultati tangibili, dipingendole come rispettose dell’identità canina, mentre in realtà, oltre a non esserlo nella maggioranza dei casi, sono quantomeno strampalate.
    Dato che però le prerogative di questi corsi sono basate su una concezione quasi waltdisneyana del cane, hanno generalmente un buon impatto sul pubblico, indipendentemente dalla loro bontà e funzionalità pratica.
    In realtà non è tanto l’accettare di avere un cane meno “addestrato”, quanto l’avere compreso i concetti che stanno alla base della psicologia canina o meno. E’ chiaro che se poi mi fa piacere essere preso in giro, o quantomeno sono pronto ad accettarlo, la pochezza dell’insegnamento perde rilievo. Si sa, non è bello ciò che è bello ma… che bello, che bello, che bello (sorride).

    Quale sarebbe dunque il profilo ideale dell’appassionato cinofilo?

    Sono a favore delle persone che desiderano approfondire la loro conoscenza sul cane, permettendogli di educarsi, di acculturarsi al mondo civile, essenzialmente su un campo di addestramento gestito da professionisti. Solo in questo modo un cane potrà convivere al nostro fianco libero da pregiudizievoli limitazioni.

    Sono a favore di chi non presta importanza alle informazioni non qualificate (ed è in grado di distinguerle dalle qualificate) e che si mette in gioco per analizzare con coscienza anche quanto di primo acchito potrebbe sembrare negativo ai suoi occhi, proprio perché molto spesso la verità si cela sotto diverse, appetibili, apparenze.
    Non esito personalmente a credere che le violenze più accanite sui cani siano in realtà perpetrate da chi trascura, con colpa o dolo, gli insegnamenti di madre natura sui rapporti esistenti all’interno di una specie animale, o tra specie animali e, per mero lucro, crea regole nuove e fittizie in difesa dei propri fini, che poco o nulla hanno a che fare con il cane in quanto discendente del lupo, ma molto ne hanno con la propensione a influenzare le abitudini di acquisto delle masse.

    Non sono pochi i soggetti abilitati da una Laurea, Master o PhD che si spacciano per acerrimi difensori del cane, ma che non esitano a somministrargli psicofarmaci senza alcuna necessità reale, farmaci i cui grandi limiti e la cui estrema pericolosità sono stati/e persino ampiamente comprovati sull’uomo.
    Sono fermamente convinto che nella grande maggioranza dei casi il lavoro di addestramento basato sulle doti caratteriali possa portare, invece, a risultati eccellenti. Certo, per poterlo svolgere i cani bisogna conoscerli, e bene, concretamente. C’è da domandarsi dunque perché chi è favorevole all’uso, e propone il consumo di sostanze così pericolose, suggerendo peraltro metodi educativi apparentemente poco convincenti, abbia sempre rifiutato incontri pacifici volti a comprendere su quali soggetti andrebbero utilizzati, confrontando le reciproche esperienze pratiche nell’educazione, nell’addestramento e nel risolvere i problemi caratteriali con metodi il più possibile naturali e rispettosi del benessere canino.

    Mi sembra di capire che lei non sostenga una posizione di favore nei confronti dei cosidetti “gentilisti”.

    Io non sono prevenuto, assolutamente, se non verso i falsi, gli ipocriti; quale bandiera sventolino sinceramente non m’interessa.
    Tuttavia conosco il mercato e i servizi prestati ai clienti, nella media: non parlo a caso. E’ chiaro che ogni situazione meriti comunque e sempre un approfondimento dedicato. Eppure quando sento “illustri” personaggi del nord Europa affermare di avere addestrato sessantamila cani, il sorriso è d’obbligo. Ci rendiamo conto di quanti siano sessantamila cani? Nessuna normativa impone la decenza, ma credo che tutte le persone oneste traggano piacere dall’averla e nel dimostrarla.

    In verità, il cane è una creatura così complessa?

    Il cane in sé è una creatura alquanto semplice, ma occorre comprenderne capacità cognitive, doti, istinti, morfologia, ecc.
    Ci vuole tempo e occorre essere aiutati da persone competenti. Il nostro compagno non è un benefattore sceso dal cielo, come a volte si gradirebbe qualificare, ma un fedele amico che merita di essere capito
    poiché cane.  Il fatto che tanto il lupo quanto il cane siano animali gerarchici non piace a tutti. Ed è più che lecito domandarsene il perché. Il cane, nella coscienza popolare, è dipinto con un’immagine dolce, affettuosa, altruista, fedele, coraggiosa, mai aggressiva senza ragione (la ragione umana).
    La tendenza commerciale di maggior grido, quindi, mira a farci dimenticare che l’aggressività in natura è in realtà 
    una dote, una qualità, non un difetto, giacché contribuisce alla conservazione della specie (della vita). Un cane aggressivo può però rappresentare un pericolo. Lo rappresenta all’interno della società umana, rispetto all’uomo o ad altri cani, o entrambi. Un cane geneticamente dotato, quindi anche dotato di una corretta dose di aggressività (secondo uno standard assoluto, non in linea dunque con i parametri della signora Maria della porta accanto) è destinato frequentemente all’abbandono, a una vita in canile, all’annullamento da psicofarmaci o all’eutanasia. Tutto ciò è assurdo, perché un cane capace andrebbe valorizzato. Ciò nondimeno, c’è un “ma”.
    Importanti volumi di fatturato si raggiungono unicamente con la rivendita di diverse tipologie di cibo (riprodotte all’infinito per marca), cosi come degli spesso inutili ma attraenti accessori disponibili sul mercato, o con il proporre un addestramento in apparenza elaborato (e quindi molto caro) ma in realtà sconclusionato e/o volto a umanizzare il cane. Anche questo è espressione di obiettivi miranti a donare forza all’istinto materno, all’interno di un eco-sistema antropico; la ciliegina sulla torta di una falsa informazione cinofila che equipara il crescere un bambino al crescere un cane
    sempre al fine di stimolare l’acquisto di prodotti perfettamente inutili.

    I concetti che ruotano intorno alla concezione del cane inteso come un animale non gerarchico, pacifico, quasi un anti-stress in carne e pelo, mirano dunque a consolidare il nostro desiderio cronico di accumulare continuamente nuovi beni e servizi per il suo “benessere”, con scarso riguardo all’effettiva necessità che il cane ha di essi. In verità, quasi sempre nessuna. E’ quasi tutto denaro gettato al vento, con l’eccezione di un trasportino, di un cuscino, alcuni giochi, i sacchetti per la raccolta delle feci e poco altro. Tutto il mercato del PET fa ottimo uso di queste importanti premesse. Con questo non voglio porre un limite a ciò che arreca piacere al popolo di consumatori, ma aiutarvi a comprendere che i budget di vendita non hanno né morale né confini.
    Insomma il consumismo e la disinformazione di certo non aggiungono serenità e tranquillità ai nostri amici, che sono sempre più spesso infelici e insicuri, senza che nemmeno ce ne accorgiamo. Chi ci vuole fare credere che un cane debba essere trattato come un pupazzo o che possa essere umanizzato oltre ogni decenza, perché quella sarebbe una sua necessità o un degno privilegio, non può essere dipinto come persona moralmente corretta.
    Poniamoci piuttosto la seguente domanda: diamo alla luce un figlio per il suo futuro, non per il nostro (o quantomeno dovrebbe essere così), non credete che il cane meriti il medesimo rispetto in quanto creatura vivente?

    Potrebbe essere sufficiente acquistare un buon libro al fine di apprendere le basi di un’educazione e di un addestramento di primo livello appropriati?

    Non basterà assolutamente acquistare un buon libro. Frequentare un professionista di lungo corso e un buon campo di addestramento è una soluzione imprescindibile.

    Esistono veramente i teorici puri in cinofilia? Persone che non hanno mai lavorato cani personalmente ma che offrono i propri servizi al servizio del pubblico?

    Certamente. Oggi assistiamo all’organizzazione di una moltitudine di seminari, dai più disparati oggetti. Il cane, che dovrebbe essere il primo invitato, in realtà è il primo a essere escluso.

    Una sana cultura cinofila non può nascere da questo.

    Ha accennato a educatori che formerebbero i cani dei propri clienti con scarsi risultati pratici, prescindendo dalle regole di “madre natura”. Il concetto per taluni potrebbe essere un po’ vago, potrebbe farci degli esempi concreti?

    Certamente, eccone alcuni, senza la velleità di essere esaustivo.

    Il cane non può essere corretto se pone in essere un comportamento non voluto, pena il deterioramento del rapporto uomo-cane”.

    Mi domando se gli esponenti della cinofilia moderna abbiano mai osservato il comportamento di una qualsiasi cagnetta nei confronti dei propri cuccioli, durante e successivamente al periodo “finestra”, in cui tutto è loro permesso. Le correzioni, più o meno ritualizzate, avvengono eccome! Il tutto sta nell’usare la sensibilità appropriata. Avete mai sgridato i vostri figli in un modo consono ai comportamenti da loro posti in essere? Non credo ciò abbia mai pregiudicato il vostro rapporto.

    Oggi siamo diventati “l’ufficio complicazione cose semplici”, lo sa perché? Per vendere novità inesistenti. Per proporre stage e seminari dai titoli altisonanti, ma spesso senza significato concreto. E’ tutta una questione di fatturato e profitti.

    Il cane non nasce per giocare con una pallina, farlo giocare in questo modo è fondamentalmente sbagliato”.

    L’azione che il cane pone in essere inseguendo una pallina riflette un impulso all’inseguimento, riflesso dell’istinto predatorio. Non può trattarsi di istinto predatorio nello specifico dato che la preda, in questo caso la palla, manca di proprietà organolettiche, vale a dire non è viva. Se un cane si diverte e non arreca danno ad alcuno, incluso se stesso, siamo sempre sulla strada giusta per quanto mi concerne. VIva il divertimento, con e per il cane!

    Il collare è uno strumento che causa gravi danni”.

    Potrei nuocere a un cane con un semplice collare in nylon, se veramente lo volessi, vero, potrei contribuire allo “scollamento dei gomiti” con una pettorina, vero.
    Il cane non deve mai essere abusato, ma educato, addestrato in linea con le sue doti caratteriali.
    La sua salute psico-fisica merita il massimo rispetto.
    Qualsiasi strumento potrebbe, volendo, essere usato come un’arma. Posso nuocere a un uomo con una corda, con una stampella, persino con un cellulare. La differenza rimane nella sensibilità di chi utilizza un oggetto, qualunque esso sia.
    I muscoli del collo del cane, ricordiamolo, sono particolarmente robusti, ben più di quelli dell’uomo. Il cane è per natura un carnivoro, un predatore; la sua struttura fisica, collo incluso quindi, gli permettere agevolmente di abbattere prede senza subire danni. Ha presente quali sforzi meccanici sono trasmessi al collo durante il morso e la successiva lotta? Il cane non è un oggetto da collezione, ha una struttura fisica in genere vigorosa, non dovrebbe essere vittimizzato per finalità economiche. Dichiarare che il collare sia stato creato per strozzare è sterile e fuorviante.

    I cani inidonei alla vita in famiglia devono essere considerati affetti da patologie e pertanto eleggibili alla cura con psicofarmaci?

    Queste sono le soluzioni di chi con un cane non vuole e non sa lavorare. Quindi, abdicando, cerca le soluzioni più adeguate alle sue “competenze”.
    Non sporcarsi le mani di terra e fango piace: attribuisce a taluni un fantomatico status di superiorità. Credo fortemente 
    che una vita lavorativa senza pratica sul campo equivalga a un albero senza radici.

    Lo psicofarmaco potrebbe trattare efficacemente i problemi di aggressività?

    Io credo che uno psicofarmaco non rappresenti mai, alla prova dei fatti, la soluzione corretta. Non modificherà mai un comportamento. Somministrandoli si procede all’annichilimento della mente del cane. Salvo casi eccezionali, un cane aggressivo non è mai malato, cioè non è portatore di alcuna patologia, come si vorrebbe fare credere alle persone, alla stessa stregua di un bullo. Tale cane e tale essere umano andranno eruditi, acculturati, non annientati mentalmente e/o sviliti nelle loro capacità cognitive.

    Giustificherebbe allora un trattamento severo sul cane? In natura, che lei cita più volte, assistiamo a scene particolarmente cruente

    Non ho detto questo. Vorrei che mi comprendeste molto bene.
    Dico che non è possibile generalizzare e pretendere di educare un bullo privo di timori, magari con una buona aggressività, come si farebbe con un cagnolino dolce e sensibile. Al primo una sonora sgridata non arrecherebbe danno alcuno, semmai gli chiarirebbe alcuni limiti invalicabili della vita civile, comportamento che sul secondo potrebbe invece determinare un trauma. Non tutti gli uomini sono uguali: beh… neppure i cani. Gli spagnoli non sono tutti uguali, così come gli italiani o gli americani, né i biondi, i castani o i neri. Il nostro comportamento con il cane dovrebbe essere malleabile, vale a dire 
    tarato sulla sensibilità di quel cane specifico e pronto a essere modificato, se e quando necessario. Le cagne rettificano i comportamenti dei propri cuccioli in modo plateale, ne dovremmo trarre esempio, non inventarci che le correzioni a un comportamento non voluto rovinano irreparabilmente il rapporto con il cane. Sono fesserie!
    Non mi stancherò mai di ripeterlo, la sensibilità del professionista è la risposta a quasi tutti i problemi. Generalizzare è pienamente fuori luogo, oserei dire assurdo. Chi lo fa dimentica (per colpa o dolo) che il carattere del cane è composto da doti ben precise: ogni soggetto è a sé, indipendentemente dalla razza.

    Non intendo assolutamente suggerire nella nostra relazione con il cane la severità che talvolta traspare in natura, ma trarre spunto dai principi generali che regolano i rapporti tra le creature che ne fanno parte. L’uomo dovrebbe essere animato da una sensibilità evoluta unita a commiserazione, non mentire per scopi futili; invece,
    il leif motiv ricorrente dei giorni nostri sembra essere:
    Recenti e approfonditi studi scientifici hanno dimostrato che…”.

    Sa cosa? Ricordo un vecchio adagio di Brecht, recita cosi: “Chi non conosce la verità è uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un poco di buono”.

    Cosa suggerirebbe a una persona alle prime armi per identificare un vero professionista della cinofilia?

    L’indipendenza di pensiero innanzitutto: evitare di abbandonarsi ai consigli di strada. Avere la volontà, se necessario, di sperimentarne più di un campo di addestramento. Di guardare ai risultati in tempi ragionevoli, di mantenere una mente aperta, di fuggire dagli eccessi. Suggerisco infine di scartare a priori chi ci richiede tariffe eccessivamente elevate, anche e specialmente per semplici test caratteriali. Non importa che si parli di professionisti laureati o meno, di medici veterinari o meno, di autori di libri o meno; le richieste devono essere congrue. Pagare duecento e più euro per la verifica di un carattere non è mai congruo, a mio modesto avviso, eppure accade.

    Concludo chiedendole con quali professionisti Italiani o esteri si trova in disaccordo sotto un profilo teorico-pratico, si può dire?

    Gli esponenti della cosiddetta “New Ethology” esibiscono teorie che presentano, a mio avviso, lacune molto evidenti. Ci mostrano un cane diverso, un cane che non trova riscontro nel regno animale. Non mi sento di affermare ciò che credo essere la verità tanto per convincere quelli che non la conoscono. Vorrei difendere quelli che già la conoscono e la applicano: non sono in molti e se lo meritano veramente.